Appunti su "L'isola del tesoro".

 


L'isola del tesoro
di Robert Louis Stevenson
traduzione di Angiolo Silvio Novaro
Newton Compton Editori
dagli 11 anni


Appena rientrata a casa dall'Isola del tesoro, mi prendo due minuti di tempo per fermare su carta poche ma urgenti impressioni.

Ho letto questo classico dell'avventura in versione integrale ed  ecco cosa ho amato. 

- La capacità dell'autore di raccontare l'animo dei personaggi, caratteristica questa che ho modo, sinceramente, di apprezzare ogni volta che mi avvicino ad un classico dell'Ottocento. La voce narrante, che è quella di un ragazzo, è pienamente consapevole dei propri stati d'animo, dei desideri e delle inquietudini. I ragionamenti sono ricchi e complessi, come complessa è del resto la mente umana, ma nella quotidianità spesso si fa fatica a srotolare in un discorso chiaro ciò che è un groviglio di idee e pensieri. La psicologia del protagonista, dunque, e la capacità di raccontare anche quella di altri personaggi, osservandone con cura i comportamenti è un aspetto che io da adulta apprezzo. Non so, però, quanto ciò possa appesantire la lettura per un giovane lettore che si avvicina a queste pagine.

- I personaggi, molti dei quali sono davvero ben disegnati, e " tridimensionali".  Al di là del protagonista e del terribile, scaltro e ambiguo Long John Silver, non si può non amare la figura del dottore, dell'integerrimo capitano Smollet e del folle Ben Gunn.


- Le descrizioni dei personaggi e degli ambienti. Ne ho sottolineate alcune che sicuramente andranno ad arricchire la mia lista di mentor.

- I colpi di scena. Ce ne sono molti, soprattutto nella seconda parte della storia, e sono sorprendenti e raccontati in modo estremamente efficace, viene infatti sfruttato l'effetto sorpresa che si crea affidando al protagonista la voce narrante e... lo sguardo del lettore.

- Il finale denso, da godersi tutto: le trame che si riannodano ed il tesoro che è  concreto, le monete d'oro che si vedono, si contano, così diverse come sono l'una dall'altra perché frutto di rapine dirette a navi dalla provenienza più disparata. Del resto quanto fosse costato ammassarlo, quanto sangue e dolori, quante belle navi affondate, quanta brava gente attratta in mare da quel miraggio, quanti colpi di cannone, quanto di onte, menzogne e crudeltà, nessuno al mondo forse potrebbe dire.  

- Il lessico, piratesco e marinaresco, anche se a volte un po'  troppo specifico per me. I numerosi vocaboli che non conoscevo, perché utilizzati per denominare particolari parti della Hispaniola, hanno talora appesantito la lettura.

Come sempre accade, sosto ancora un po'  con la mente in questa avventura, prima di inoltrarmi nella prossima ( che già  freme sul comodino).

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